Investire nel Percorso della Maternità

Diventare madre ti cambia la vita e questo cambiamento spesso ci appare terribilmente faticoso.

I primi tempi, cioè subito dopo la nascita, sono i peggiori. Il corpo del bambino appena nato è veramente molto instabile, tutti i suoi sistemi fisiologici devono ancora calibrarsi, inoltre la mancata produzione di melatonina nei primi tre mesi fa sì che il bambino non abbia ancora acquisito il ritmo sonno-veglia. Lui si deve adattare alla vita fuori dall’utero e questo adattamento è consentito solo grazie alla presenza della mamma. Il corpo materno è il facilitatore per quello del bambino. Attraverso il contatto corporeo, il contenimento e l’allattamento al seno egli si tranquillizza. Ma questo attaccamento così intenso, così esclusivo non è sempre semplice da gestire per la mamma. Suo figlio la vuole tutta per sé, la vuole sempre e la vuole subito, ma non lo fa perché è viziato, sarebbe sciocco pensarlo visto che tutti i neonati del mondo si comportano pressoché allo stesso modo. Non piangono per capriccio, piangono perché esternano un bisogno: hanno bisogno della figura materna che si occupi di loro.

MA ALLA MAMMA, INVECE, CHI CI PENSA?

Sicuramente i 9 mesi di gravidanza aiutano la mamma a prepararsi a far fronte a questa nuova sfida. Infatti, il periodo gestazionale con i suoi stravolgimenti ormonali, i suoi malesseri e perché no, anche con le sue limitazioni, obbliga la donna a rallentare, a prendersi del tempo per capire ed approfondire i propri ritmi fisiologici, la obbliga a rivedere i suoi comportamenti e a a rielaborare la propria storia personale. La donna incinta affronta un terremoto interiore che all’esterno è solo in parte percepibile. Ed è già qui, durante la dolce attesa, che deve iniziare l’investimento: lasciarsi indietro le preoccupazioni della vita di tutti i giorni per concentrarsi sulla propria maternità, fare spazio per favorire il radicamento, intraprendere un percorso di evoluzione che coinvolga anche il partner, perché dopo la nascita del bambino la tua vita non sarà più la stessa e tu dovrai adattarti a una nuova realtà. In fondo, è un po’ quello che succede sia prima del parto che dopo: la mamma vive in un continuo stato di adattamento nei confronti della sua creatura. Tutto quello che succederà in gravidanza, nel bene e nel male, avrà delle ripercussioni sul benessere di mamma-bambino e sulla loro stessa relazione, poiché endogestazione ed esogestazione sono i termini di una continuità generativa che lega la vita intrauterina allo sviluppo post-natale. E’ pertanto necessario sgravare la futura madre di tutti quei compiti che non hanno a che fare con la cura del bambino e darle tutto il sostegno necessario, affinché lei possa svolgere il suo ruolo nel miglior modo possibile e nel rispetto dei suoi valori.

PER QUESTO MOTIVO E’ MOLTO IMPORTANTE RIVEDERE LA CONDIZIONE FEMMINILE E MASCHILE, CERCANDO DI DARE IL GIUSTO VALORE AD ENTRAMBE LE IDENTITA’, SENZA TENTARE DI OMOLOGARLE, MA ANZI TUTELANDO LE DIFFERENZE E LE PECULIARITA’ CHE LE CARATTERIZZANO, IN UN’OTTICA DI COLLABORAZIONE E COMPLEMENTARIETA’.

Purtroppo la struttura della nostra società ha fatto in modo che venisse meno il senso di gruppo e il contenimento sociale intorno alle famiglie, che associato alla forte medicalizzazione del processo nascita, all’isolamento abitativo, allo stile di vita che non concede pause e ai forti pregiudizi sulla maternità, ha prodotto come risultato quello di creare donne e uomini sempre più intimoriti nei confronti della genitorialità. La procreazione e l’accudimento sta diventando sempre più un fatto esclusivamente privato (quando è anche un evento sociale) e vengono vissuti come un fastidio, infatti, se notiamo bene i luoghi e le circostanze in cui i bambini sono davvero i benvenuti stanno piano piano riducendosi a quelli specificatamente creati per loro, fuori dalla vita adulta normale. Questa mancanza di sostegno e attenzione da parte delle istituzioni sta mettendo in crisi l’idea stessa di famiglia, perché se per fare una famiglia tutto il peso deve ricadere sempre e solo sulla donna e all’uomo non vengono concesse le giuste condizioni per dedicarsi a suo figlio (vedi la mancanza di adeguati permessi lavorativi), poiché per la società è prima un lavoratore e poi un padre, è normale che le cose vadano male. La donna non può delegare “l’esperienza maternità”, essa si svolge dentro il suo corpo e quindi su di lei ricadono le conseguenze maggiori e allo stesso tempo non può dominarla né controllarla, come pretenderebbe la società, questo ha come conseguenza la solitudine, la frustrazione, lo stress perché ovviamente la donna si sente inascoltata e anche l’uomo allo stesso tempo fa fatica a fare quello scatto di maturità, ad essere consapevole di quello che sta accadendo alla sua compagna, ma anzi spesso tenta di dare interpretazioni “logiche-razionali”, di mettere “ordine” nel caos materno. 

NON SI PUO’ INTERPRETARE LA GRAVIDANZA E IL PARTO IN TERMINI UNICAMENTE ANDROCENTRICI, ANCHE SE PER TANTO TEMPO, CAUSA LA FORTE MEDICALIZZAZIONE DELLA NASCITA, SI E’ FATTO COSI’. LA GRAVIDANZA NON E’ QUALCOSA DI SEPARATO RISPETTO ALL’ESISTENZA FEMMINILE.

Dal libro Fisiologia della nascita: “la lentezza del parto appare una chiara lezione su come deve essere lento il processo di distacco sia al parto sia poi nella vita, con un procedere per esplorazioni e ritorni, con un movimento di fuori e dentro che permane nei lunghi anni che portano alla conquista graduale dell’autonomia. Soltanto alla fine del travaglio, quando il collo dell’utero si è completamente appianato e dilatato, la partoriente può e deve partecipare attivamente alla spinta: per quanto possa apparire paradossale, il primo atto volontario che una mamma può compiere sul proprio bimbo è un atto di allontanamento. Il femminile, caldo e accogliente contenitore, deve inesorabilmente incoraggiare la separazione, la presenza paterna in sala parto è simbolicamente molto significativa: se la mamma è quella che spinge e incalza, il padre è colui che accoglie e protegge. Non va trascurato il profondo significato emotivo di questo passaggio simbolico, che congiunge la donna e l’uomo e li caratterizza come complementari in una cura condivisa della propria prole. I ruoli al parto sono rovesciati”.

GLI AVVENIMENTI PRECEDENTI AL CONCEPIMENTO, I RAPPORTI INTERPERSONALI, L’ASSISTENZA RICEVUTA E LA CONNESSIONE CON IL PROPRIO PARTNER SONO TUTTI ELEMENTI CHE POSSONO INFLUENZARE LA QUALITA’ DELL’ESPERIENZA MATERNITA’.

Ultimamente si parla molto di corsi di accompagnamento alla nascita. Oltre ai famosi corsi preparto che si svolgono nelle strutture ospedaliere, un numero sempre crescente di associazioni ed enti privati propongono percorsi per le donne in procinto di avere un figlio. L’obiettivo di questi gruppi è preparare fisicamente e psicologicamente la donna al parto, ma anche a quello che l’aspetta dopo il parto. I gruppi che si formano dovrebbero rispondere ad alcuni criteri:

  • soddisfare il bisogno di relazione e condivisione,

  • proporre un lavoro sul corpo specifico per prepararsi al travaglio e al parto,

  • insegnare strategie di coping e di gestione del dolore,

  • spiegare la fisiologia della gravidanza e del neonato,

  • offrire strumenti creativi per dare sfogo alle proprie paure,

  • offrire una guida nella costruzione del legame con il bambino,

  • favorire l’apprendimento delle tappe del viaggio della maternità,

  • preparare alla genitorialità,

  • creare un senso di solidarietà tra i partecipanti,

  • fare empowerment.

Approcciarsi a diverse discipline corporee (come ad esempio yoga o acquagym), intraprendere percorsi di rilassamento e mindfulness, frequentare gruppi creativi e cerchi di mamme sono tutte attività che consentono alla donna e quindi anche alla coppia di avere una maggiore consapevolezza e di disporre di maggiori risorse per far fronte alla nascita del bambino. Verena Schmid parla di “maternity plan”, cioè una specie di business plan che può aiutare la mamma a fare chiarezza sulle cose che veramente le servono per gestire la propria maternità, nel tentativo di uscire dallo stereotipo della mamma che sacrifica tutto in nome di suo figlio, ma anzi fissando priorità per il suo benessere, che di fatto poi si traduce nel benessere del bambino. Il “maternity plan” deve aiutare la madre a:

  • riconoscere quali sono i suoi reali bisogni e quelli del bambino, distinguendo da quelli più urgenti a quelli che possono essere rimandati;

  • riflettere sul suo bisogno di sicurezza, cioè cosa la fa sentire sicura e serena;

  • comprendere quali sono le risorse che lei ha, sia interne che esterne, quindi luoghi e persone che possono esserle di aiuto;

  • riconoscere potenziali criticità che possono ostacolarla nel suo management domestico;

  • organizzare la giornata in modo da ritagliarsi dei momenti per sé stessa e per la coppia, ottimizzando i lavori domestici e gli altri impegni;

  • definire un budget economico dando spazio a spese mirate per rispondere ai bisogni essenziali, considerando sostegni pratici per la casa dopo il parto, per almeno il primo mese e sostegni di assistenza qualificata.

“CHI DECIDE DI ACCOMPAGNARE LE MADRI DURANTE IL VIAGGIO DELLA MATERNITA’ DOVREBBE PRIMA FARE UN LAVORO INTERIORE SU SE’ STESSA PER POTERSI SINTONIZZARE CON GLI STATI REGRESSIVI E FUSIONALI DELLE MADRI” (Clara Scropetta).

Per poter accompagnare le donne nella loro personalissima esplorazione e attribuzione di senso all’esperienza di maternità è fondamentale, oltre che essere centrate in sé stesse, saper porsi in un atteggiamento di ascolto empatico, saper accogliere senza giudicare e saper prendersi cura della madre, poiché dalle cure ricevute dipenderà non solo il suo benessere, ma anche quello di suo figlio e per esteso di tutta la famiglia. La mamma non è solo un “mero contenitore” come sosteneva Aristotele o semplicemente “colei che sfama” il piccolo, se lei sta male il neonato ne risentirà, per questo è fondamentale, anche per coloro che si occupano prevalentemente del mondo dell’infanzia partire sempre dallo stato di salute psicofisico della madre. Quindi, cosa può fare l’operatore che lavora nell’ambito della maternità:

  • ridurre lo stress psicofisico nella donna - uno dei problemi più grossi dell’era moderna sta nella difficoltà a mettere in gioco i meccanismi fisiologici che sostengono l’istinto e l’accudimento della prole. Abbiamo già detto che tutti gli eventi della vita sessuale sono accumunati dalla secrezione di specifici ormoni e la liberazione di questi ormoni dipende moltissimo anche dalle condizioni ambientali, per questo motivo è importante che la futura mamma sia attorniata da un contesto familiare, sociale, lavorativo e assistenziale che l’aiuti a rimanere tranquilla e calma;

  • approfondire i bisogni fisiologici di mamma e bambino - la consapevolezza aiuta la donna ad orientarsi nel viaggio della maternità, a riconoscere possibili ostacoli e a superarli;

  • andare oltre i condizionamenti - ci sono dei fortissimi condizionamenti culturali che gravitano intorno a noi e che caricano la maternità di pressioni inutili. Molti delle convinzioni che oggi abbiamo sono il frutto di vecchi schemi di pensiero che spesso sono del tutto sbagliati;

  • rafforzare l’autostima - tutto quello che incrementa la fiducia della madre in sé stessa è importante non solo nella preparazione al parto, ma anche nella preparazione alla genitorialità;

  • educare il partner - purtroppo gli uomini di oggi non hanno molti esempi a cui fare riferimento, perché per anni i padri sono stati in qualche modo estromessi dal menage familiare a dall’accudimento della prole. La nostra società ha distribuito i pesi della famiglia in maniera diseguale. Anche se molti uomini e donne sostengono e credono nel rapporto paritario, all’atto pratico tantissime coppie vivono una profonda crisi, confermando la difficoltà nel superare gli stereotipi trasmessi dalle generazioni precedenti: ancora oggi la maternità ostacola l’emancipazione femminile, rende difficile fare carriera e raggiungere l’indipendenza economica, porta la donna ad accantonare l’idea di proseguire gli studi a favore di una vita domestica che purtroppo non ha il degno riconoscimento a livello sociale, oltre a penalizzarla nel tempo libero (è molto difficile che una mamma di un bambino piccolo possa prendersi una vacanza da sola anche per pochi giorni).

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Il Ruolo del Padre secondo Laura Gutman

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