Maternità tra Estasi e Inquietudine. Laura Gutman

Ad ogni madre è concessa un’ulteriore possibilità di crescita spirituale, grazie al ruolo di specchio delle sue parti occulte, svolto dal suo bambino. Il piccolo ha il potere di rappresentare per la mamma quell’occasione per riconoscersi, per porsi delle domande ed iniziare così una trasformazione. 

Nella faticosa ricerca “dell’Io Sono”, la maternità può effettivamente facilitare la strada ad alcune donne, a patto che queste siano disposte a viverla consapevolmente e a crescere i propri figli con autonomia interiore. Altre donne, purtroppo, con la maternità si perdono definitivamente, rese infantili e occupate dalla cura dei figli, chiuse in un mondo domestico e interiore. Questo, è quello che sostiene Laura Gutman, psicoterapeuta argentina di scuola junghiana, specializzata in relazione parentali. Quando si decide di aiutare una mamma con dei bambini piccoli, è importante saper sintonizzarsi con i suoi stati regressivi e fusionali, sostenendo la sua femminilità nel momento di massima potenza, che è appunto la maternità. Laura Gutman, nello specifico, parla della capacità delle professioniste che si occupano delle madri e dei loro figli, ad accompagnare queste donne ad immergersi nella propria “ombra”. 

CHE COS’E’ L’OMBRA?

Questo termine, usato da Jung, non coincide con l’inconscio, ma è una metafora utilizzata per indicare quella parte, che è sia conscia sia inconscia, in cui dimorano i nostri limiti, le nostre paure e tutti quegli aspetti non accettati da parte dell’Io. Jung afferma: “la figura dell’ombra personifica tutto ciò che il soggetto non riconosce e che pur tuttavia, in maniera diretta o indiretta, instancabilmente lo perseguita: per esempio tratti del carattere poco apprezzabili o altre tendenze incompatibili”. Si può dire che il mondo psichico spirituale è formato da una parte luminosa e da una parte oscura che non rappresenta soltanto le cose negative, ma anche aspetti che semplicemente non vengono espressi o realizzati. 

IL COMPITO DI OGNI ESSERE UMANO E’ CERCARE LA PROPRIA OMBRA PER PORTARLA ALLA LUCE ED INTRAPRENDERE UN PERCORSO DI GUARIGIONE.

Nel primo capitolo, la scrittrice parla di fusione emozionale: “nella nostra cultura, così abituata a vedere solo con gli occhi, crediamo che tutto quello che ci sia da sapere sulla nascita di un essere umano, riguardi il momento del suo distacco fisico dalla madre. Tuttavia, se ci pensiamo meglio, riusciamo a immaginare che quel corpo appena nato non è solo materia, ma anche un corpo astratto, emozionale e spirituale. Sebbene la separazione fisica avvenga, persiste un’unione che appartiene ad un altro ordine e che sancisce il legame fusionale tra neonato e madre nella dimensione emozionale. Il piccolo, nato dal corpo fisico e spirituale della madre, rimane completamente congiunto nella sua sfera emotiva…Di fatto tutto ciò che la mamma sente, ricorda, rifiuta, il neonato lo vive come suo, perché sono due esseri in uno”. In pratica il bambino esiste nella fusione con la madre, ma così è anche il contrario, cioè la madre sperimenta uno sdoppiamento del campo emozionale, poiché la sua anima si manifesta sia nel suo corpo, sia in quello del neonato. La donna puerpera ha la sensazione di impazzire, di perdere tutti i luoghi di identificazione e di riferimento, crede di aver perso la razionalità. Lei vive come se fosse fuori dal mondo, ma perché semplicemente vive dentro il mondo-bambino. Questa fusione emozionale è indispensabile perché garantisce le cure necessarie per la sopravvivenza del neonato. 

DURANTE IL PUERPERIO OGNI MADRE DEVE DIVENTARE UN POCHINO “PAZZA”, DEVE PERDERE UN PO’ DI RAZIONALITA’ PER POTERSI CONNETTERE ALLA SUA INTERIORITA’ E PER QUESTO HA BISOGNO DELL’APPOGGIO DI CHI AMA, PER PERMETTERSI, SENZA ALCUN RISCHIO, DI ABBANDONARE IL MONDO LOGICO-MATERIALE, SCANDITO DA ATTIVITA’, DA OBBLIGHI E ORARI.

Il periodo di fusione emozionale mamma-bambino si estende per i primi nove mesi, al termine dei quali il bimbo raggiunge un certo grado di autonomia. Il piccolo appena nato è legato solo all’emozione della madre, poi man mano che cresce, ha bisogno di creare vincoli fusionali con ogni persona o oggetto con cui entra in relazione. Questo stato di fusione del bambino diminuisce con l’avanzare degli anni, quando il suo Io matura dal punto di vista psichico ed emozionale. Tuttavia, se un bambino molto piccolo ha dovuto sopportare grandi separazioni, tenderà a rimanere in relazione di fusione molto più a lungo e una volta adulto rischierà di coinvolgersi in relazioni possessive, basate ad esempio sulla gelosia e sulla non-fiducia, che sono poi manifestazioni della paura della solitudine. 

PERCHE’ E’ IMPORTANTE COMPRENDERE IL FENOMENO DI FUSIONE EMOZIONALE?

Perché il neonato riesce a sentire e a manifestare tutte le nostre emozioni, sopratutto quelle che occultiamo. Quando cerchiamo di comprendere i neonati, dobbiamo ricordare che loro sono anche le mamme che li abitano. Il piccolo sente come propri  i sentimenti della madre, ed in modo particolare, quelli di cui lei non ha consapevolezza. Molto spesso, l’ombra della mamma si materializza in malesseri che si presentano nel neonato. In questi casi non bisogna annullare il sintomo da lui espresso, ma è necessario dare un significato a questi segnali e capire cosa sta succedendo alla mamma. Ciò non vuol dire che la madre deve per forza risolvere le sue difficoltà, basta semplicemente che ne diventi consapevole. 

LA MAMMA CHE SI INTERROGA, CHE DIVENTA CONSAPEVOLE DELLA PROPRIA OMBRA, LIBERA IL FIGLIO DA NUMEROSE PROBLEMATICHE, PERCHE’ LEI STESSA SI FA CARICO DELLA SUA OMBRA.

Il secondo capitolo del libro esplora l’esperienza del parto, inteso come momento di destrutturazione spirituale. Il parto, infatti, non è solo una rottura fisica, ma anche emozionale, per permettere il passaggio “da essere uno a essere due”. Purtroppo, difficilmente la donna è cosciente di ciò che è veramente il parto. Oggi, le nascite indotte, le anestesie, le analgesie di routine e la fretta del sistema di sbrigare rapidamente la pratica-nascita, non consentono alle donne di approfittare di questo momento così importante della loro vita sessuale. Questo perché tale esperienza viene vista come un atto puramente fisico e medico. Le donne sono pertanto costrette a vivere questa rottura emozionale, prive di coscienza, anestetizzate, infreddolite, impaurite, violate ed infantilizzate, lasciate quindi senza strumenti affettivi. 

LA SUCCESSIVA RELAZIONE MAMMA-BAMBINO SARA’ PROFONDAMENTE CONDIZIONATA DAL VISSUTO DEL PARTO E QUINDI DALL’ISTITUZIONALIZZAZIONE DEL PARTO, CON UNA CONSEGUENTE DISUMANIZZAZIONE DELL’EVENTO NASCITA, COSA CHE HA FATTO PERDERE A QUESTO MOMENTO LA SUA CONNOTAZIONE INTIMA, SESSUALE, PERSONALE E AMOROSA. INFATTI POCHE DONNE RIESCONO AD IDENTIFICARSI NEL PARTO CHE HANNO SPERIMENTATO.

La separazione emozionale tra mamma e bambino avviene verso i 2 anni, con lo sviluppo del linguaggio verbale (i figli rimangono comunque legati all’ombra dei loro genitori fino ai 14 anni). Ed è qui che subentra la figura del padre. Durante questa epoca, il padre mette la sua energia maschile al servizio della separazione, che però non significa mettere dei limiti, gridare più forte o imporre castighi. Le funzioni dell’uomo sono quelle di recuperare la donna per sé e portare il bambino verso l’esterno.  

I PADRI COINVOLTI DALL’INIZIO DELLA MATERNITA’, NELLA FUSIONE DELLA DIADE MAMMA-BAMBINO, CHE APPOGGIANO L’INTROSPEZIONE E LA LENTEZZA, SONO QUELLI CHE MEGLIO RIESCONO A INTERVENIRE NELLA SEPARAZIONE EMOZIONALE, POICHE’ IL LORO VINCOLO CON LA DONNA E’ RAFFORZATO.

Molto spesso le madri non sono in condizioni di essere pienamente materne con il bambino, perché devono farsi carico della fragilità emozionale dell’uomo. Quando il padre non agisce come sostegno emozionale della donna puerpera, esistono due opzioni: o rimane separato dalla diade mamma-bambino, sentendosi solo, non amato e geloso o si situa in una posizione infantile dalla quale chiede tutta l’attenzione per sé.

PER POTER EFFETTUARE QUESTA SEPARAZIONE EMOZIONALE IL BAMBINO HA BISOGNO DI SOSTEGNO DA PARTE DEI GENITORI, CHE POSSONO OFFRIRGLIELO ATTRAVERSO LA COMUNICAZIONE.

E’ importantissimo che fin da subito i genitori parlino con il proprio bambino, spiegandogli ogni avvenimento in cui lui è coinvolto. Ad es. quando una mamma dice a suo figlio “vado a lavorare”, il bambino piccolo non dispone di dati sufficienti per costruire la sua comprensione né la sua realtà. Egli si domanda: “che cosa significa lavorare? Quando rientra? Perché se ne va?”. E’ quindi vitale comunicare ai bambini la realtà esteriore con dovizia di particolari, cercando di vedere il mondo con i loro occhi, perché per loro ogni momento è infinito, ogni sensazione è eterna, ma grazie alla magia delle parole si riesce ad avvicinare il mondo del bambino al mondo degli adulti. Tanti genitori si sentono ridicoli quando parlano ad un neonato e pensano che lui non capisca, ma alla fine la comprensione non deve essere necessariamente dimostrata con una risposta verbale. La scrittrice afferma: “da un lato sottovalutiamo la capacità di comprensione dei bambini piccoli, dall’altro pretendiamo che si adattino al mondo degli adulti. Abbiamo fretta che crescano, che diventino cittadini di classe media integrati nella società… I piccoli umani hanno un’evoluzione molto lenta e hanno bisogno di essere accompagnati a lungo per diventare esseri emotivamente indipendenti. Ma lento e prolungato rispetto a quale modello? Io credo che il modello che misura i tempi dell’evoluzione sia costruito intorno a un’organizzazione sociale, di stampo maschile. Noi donne, per desiderio di riconoscimento ed emancipazione, abbiamo fatto il nostro ingresso nel mondo del lavoro e nelle relazioni sociali assecondando e utilizzando comportamenti maschili (rapidità, sicurezza, successo e reddito). Abbiamo ottenuto alcune rilevanti soddisfazioni, ma la grande contraddizione emerge quando alla cura dei figli si antepone lo spazio sociale esterno…Le tendenze in materia di educazione confermano l’impazienza: gli asili nido preferiscono i bambini che hanno abbandonato il ciucciotto, sono in grado di controllare i bisogni fisiologici, non piangono, non sentono la mancanza della mamma e sono autonomi”.

I GENITORI DEVONO CERCARE DI RISPONDERE ALLE RICHIESTE DEI BAMBINI CON LA PRESENZA, DONANDO LORO PIU’ TEMPO.

La psicoterapeuta argentina propone ai genitori un esercizio: organizzarsi in modo tale da rimanere per 15 minuti seduti a terra con il proprio figlio senza far nulla, è sufficiente osservarlo ed essere disponibili. Tante mamme non ci riescono e trovano mille impedimenti. Anzi, quando i bambini sono calmi, di solito le madri scappano a fare le faccende domestiche, approfittando della loro tranquillità. Quindi il bambino interpreta: “quando sono tranquillo e gioco da solo perdo mia madre. Se invece disturbo, reclamo, piango mia madre rimane con me”. Non è una perdita di tempo fermarsi qualche istante, ogni giorno, accanto al proprio bambino, anche quando in apparenza non ci parla, né chiede qualcosa di concreto. In questo modo il piccolo impara  ad auto-soddisfarsi, a rasserenarsi, e realizza di poter chiedere quello che vuole a partire dalla “richiesta originale”, che sarà ascoltata e contemplata; così non diventerà un “bambino senza limiti”, ma un bambino che comunica quello che sente. La scrittrice, alla fine del libro, consiglia ai professionisti nel campo della maternità e dell’infanzia, di entrare sempre in sintonia con la mamma, poiché senza la conoscenza della dimensione personale della mamma, le manifestazioni dei bambini perdono di significato. Sono i bambini che riflettono l’ombra della madre, le sue crisi irrisolte, i suoi nodi, sono loro che riflettono la sua anima.

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